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Terapie possibili
 
 

I numerosissimi soggetti colpiti da questo disturbo attendono da tempo che la scienza riesca a dare loro nuove e concrete speranze e che la fatidica ed angosciante frase "mi dispiace non c'è niente da fare, si rassegni a convivere con questo disturbo", ancora troppo spesso pronunciata dallo specialista alla fine della visita, venga superata da proposizioni terapeutiche efficaci. O almeno questa è, a tutt'oggi l'opinione generale più diffusa, sia tra i pazienti, sia nella comunità medica. Questo però non è più vero come un tempo. Oggi, infatti, la comunità medico-scientifica è in grado di assumere di fronte al problema degli acufeni un atteggiamento decisamente più costruttivo rispetto al passato. Il problema resta però presente dal punto di vista pratico, perché sono ancora molto pochi gli specialisti che si dedicano a questo specifico settore.

Gli acufeni sono attualmente curabili in una percentuale elevata dei casi, anche se disporre di cure non vuol dire poter garantire la guarigione definitiva, essendo comunque possibili recidive, come per molte patologie mediche non chirurgiche, e anche se purtroppo vi è la tendenza da parte di molti a riportare risultati non corrispondenti alla realtà e non confermabili dagli stessi pazienti. Oggi le principali risorse per la cura dei sintomi dell'acufene sono rappresentate dalle tecniche riabilitative, quali la Tinnitus Retraining Therapy - TRT, da trattamenti farmacologici mediante neurofarmaci e da trattamenti che mirano alla risoluzione dell'idrope cocleare, efficaci ovviamente solo quando questo sia il meccanismo all'origine dell'acufene, come è sospettabile in presenza di fluttuazioni evidenti di intensità o addirittura fasi evidenti di remissione anche spontanee, il che avviene in molti casi, permettendo di escludere a priori l'ipotesi di un danno permanente a carico di cellule e nervi quale sorgente dell'acufene stesso.

 
 

Possibilità e limiti della TRT quale terapia per gli acufeni

L'individuo affetto da acufene può trovare temporaneo sollievo dall'arricchimento sonoro ambientale, grazie al quale può distrarre il cervello dall'ascolto dell'acufene. Una combinazione di arricchimento sonoro e psicoterapia cognitiva nota come terapia TRT dall'inglese Tinnitus Retraining Therapy (letteralmente terapia di riabilitazione dall'acufene) viene ampiamente praticata e, anche se non cura realmente la causa sottostante, molte persone segnalano che, grazie alla TRT, l'acufene diventa molto meno fastidioso e più facile da ignorare. La TRT richiede un periodo di 18-24 mesi per il suo pieno svolgimento e l'arricchimento sonoro può essere effettuato con generatori sonori ambientali, generatori sonori personali o con particolari apparecchi acustici in caso di perdita dell'udito anche lieve.
Ma sebbene la TRT sia oggi la terapia più nota e più diffusa, questa non può certamente essere proposta come l'unica terapia possibile essendo attuabile solo in casi ben selezionati. I suoi limiti, a parte quelli economici (comportando l'acquisto di dispositivi, spesso costosi), e di durata, richiedendo un minimo di 18 mesi per vedere qualche beneficio persistente, sono dati dalla difficoltà di creare una abitudine in caso di acufene fluttuante ed incostante, per le rigide regole imposte dalla terapia stessa, e dalla difficoltà di garantire un arricchimento sonoro "ambientale" omogeneo in presenza di una concomitante ipoacusia, soprattutto se asimmetrica nei due lati o prevalente su alcune frequenze e non su altre.

Relazione tra ormone antidiuretico (ADH, vasopressina) e idrope quale possibile bersaglio terapeutico per la cura degli acufeni

Il ruolo dell'ormone antidiuretico quale principale regolatore dei liquidi dell'orecchio interno è ormai noto e accettato. Nell'orecchio interno ci sono recettori specifici per quest'ormone. L'interazione tra l'ormone e i suoi recettori determinerebbe una modifica del calibro delle aquaporine, particolari canali proteici. Alcune ricerche avrebbero confermato che una eccessiva sensibilità dell'orecchio interno all'azione di questo ormone porterebbe allo sviluppo dell'idrope cocleare, possibile causa di acufeni e unico meccanismo attualmente in grado di spiegare acufeni fluttuanti, variabili o incostanti. Pur non essendo ancora noto il modo di modificare questa eccessiva sensibilità, è comunque possibile interrompere il meccanismo agendo sul rilascio in circolo dell'ormone antidiuretico o sulla sua interazione con l'orecchio interno.

La soluzione ideale, già studiata a livello sperimentale da molti ricercatori, sarebbe probabilmente rappresentata dagli antagonisti recettoriali specifici dell'ormone antidiuretico, quali il tolvaptan ma questo farmaco, come altri analoghi, pur essendo da qualche anno disponibile in commercio, perfino per via orale, non può in pratica essere proposto quale terapia, al momento, sia per il costo proibitivo, che per l'uso strettamente limitato ad alcune patologie, il che non consente al medico di proporlo ai pazienti per altre indicazioni sperimentali.

Ciò nonostante è comunque possibile intervenire sull'ormone antidiuretico e quindi sull'idrope cocleare e quindi sull'acufene quando dall'idrope sia originato con altri metodi quali il carico idrico (ovvero bere molta acqua, essendo l'acqua il principale inibitore naturale dell'ormone antidiuretico), il rispetto, almeno nelle fasi acute, di una precisa dieta alimentare con effetti diuretici in grado di rendere disponibile l'acqua assunta ai fini dell'inibizione dell'ormone, l'uso occasionale di diuretici osmotici quali il mannitolo, l'uso di brevi cicli di corticosteroidi glicocorticoidi (noti per essere regolatori delle aquaporine, anche a livello dell'orecchio interno e quindi inibitori dell'azione dell'ormone antidiuretico).

Poiché è da molti anni noto che lo stress è uno dei principali stimoli al rilascio dell'ormone antidiuretico è importante anche il controllo di questo fattore di stimolo. Le sole terapie psicologiche sono generalmente però insufficienti, poiché lo stress in grado di stimolare il rilascio in circolo dell'ormone antidiuretico non è solo lo stress psicologico, ma anche quello determinato, solo ad esempio, dalle variazioni climatiche e dalle variazioni di pressione atmosferica o, da altre patologie concomitanti o eventi patologici o interventi chirurgici o traumi, o dalle variazioni ormonali proprie del ciclo mestruale. E su questi fattori scatenanti una eventuale psicoterapia, da sola, probabilmente avrebbe ben poco effetto. Si rende quindi speso necessario l'impiego per brevi periodi di farmaci in grado di agire sui neurotrasmettitori, dando la preferenza a protocolli già ampiamente collaudati in psichiatra e neurologia quali ad esempio quelli per la gestione del disturbo di panico, privi di effetti collaterali sigificativi o di assuefazione o di dipendenza, se si adottano schemi di somministrazione a basso dosaggio e progressivi, con lenta e graduale riduzione dopo qualche mese.

In tal modo si viene ad agire a più livelli sul rilascio dell'ormone antidiuretico o sulla sua azione a livello dell'orecchio interno, interrompendo il circolo vizioso che sostiene l'idrope cocleare e le possibili recidive dei sintomi. Le singole componenti terapeutiche però spesso non offrono altrettanta efficacia. L'inibizione del rilascio dell'ormone e/o della sua azione a livello dell'orecchio interno richiedono generalmente una azione sinergica e contemporanea delle varie metodiche utilizzabili.

L'idrope cocleare può essere in parte controllato anche a livello meccanico, creando una contropressione che faciliti il deflusso dei liquidi bloccati nell'orecchio interno. Questo può essere ottenuto con sedute di terapia iperbarica, o in modo molto più semplice (ma spesso insufficiente) con l'autoinsufflazione di aria nell'orecchio medio, in grado indirettamente di creare una contropressione nell'orecchio interno, per la quale esistono in commercio specifici dispositivi economici e di facile uso. La sola terapia pressoria, pur essendo utile a complemento delle terapia sopraindicate, è però raramente sufficiente.

Cure pubblicizzate per acufeni che non possono avere alcuna efficacia

Vista l'incessante domanda da parte dei molti pazienti per una cura, cercando in Internet è possibile trovare oggi numerose cure pubblicizzate come efficaci ma che, per ragioni ben comprensibili se si conoscono l'anatomia e la fisiologia del corpo umano, non possono essere di alcuna utilità.

- Laser per acufeni (soft laser)
Questo costoso dispositivo ormai largamente diffuso viene pubblicizzato come uno strumento in grado di favorire la rigenerazione cellulare delle cellule ciliate cocleari. Questo è biologicamente impossibile poiché le cellule ciliate cocleari non sono in grado di rigenerarsi dopo un danno essendo cellule perenni. (Fonte = qualunque testo di biologia, citologia o istologia)

- Vasodilatatori e fluidificanti del sangue
Sebbene siano i farmaci più prescritti dai medici per questi ed altri disturbi, non possono in alcun modo dare alcun beneficio, poiché qualora realmente fosse venuto a mancare sangue e ossigeno alle cellule ciliate cocleari, dopo appena 4-5 minuti, inevitabilmente, ci sarebbe un danno permanente di queste con conseguente necrosi e morte definitiva. La successiva reintegrazione di sangue e ossigeno non potrebbe mai rigenerare cellule ormai morte.

- Vitamine o additivi nutrizionali
Qualunque cosa si possa leggere o sia stata mai pubblicata vitamine o additivi nutrizionali non svolgono alcun ruolo documentato nel meccanismo di formazione degli acufeni, sebbene molti prodotti in commercio e pubblicizzati anche su internet vengano proposti come terapia specifica per questi disturbi dando loro anche nomi commerciali ingannevoli.

- Terapie specifiche per la colonna cervicale
Una relazione basata su solide basi di anatomia e fisiologia tra la cervicale e l'acufene, ed in generale tra cervicale e orecchio non è mai stata dimostrata da nessuno. Qualunque lavoro scientifico che si basi solo sull'esposizione dei risultati manca di esporre in quale modo la terapia avrebbe potuto raggiungere l'effetto.

- Terapie odontoiatriche e correzione delle disfunzioni dell'articolazione temporo-mandibolare
Nonostante l'argomento sia oggetto di dibattito da molti anni, nessuno è mai riuscito a provare una relazione diretta causa-effetto tra patologie dentarie o disfunzioni dell'articolazione temporo-mandibolare (spesso peraltro inesistenti essendo l'unico problema presente una contrattura muscolare da stress dei muscoli masticatori) e acufene

Considerazioni conclusive sull'interpretazione dell'efficacia delle singole cure

È tutt'oggi virtualmente impossibile districarsi tra le terapie proposte per gli acufeni poiché moltissimi lavori scientifici confermano l'efficacia di molte terapie. E questo nonostante sia impossibile che alcune terapie abbiano realmente effetto, mancando ogni presupposto basato su anatomia e fisiologia del corpo umano per giustificare il loro funzionamento o la causa sottostante, quando citata, che avrebbe dato origine all'acufene. È necessario inoltre tener presente che i lavori scientific non sono necessariamente veritieri non essendo prevista alcuna forma di controllo per verificare se quel lavoro sia stato realmente svolto con le modalità indicate. Quasi sempre le pubblicazioni scientifiche si limitano ad enfatizzare i risultati raggiunti (non verificabili), strumentalizzabili ovviamente per la difussione commerciale di alcune terapie, in aperto contrasto, peraltro, con l'opinione generale dei pazienti (che oggi fanno sentire direttamente la propria voce in Internet). La mancanza di capacità da parte dell'utente finale, il paziente, privo delle cognizioni adeguate, di potersi districare in questo labirinto fa sì che sia concessa larga manovra ad ogni terapia, dimenticando che per essere certi che una terapia possa funzionare questa deve avere delle basi solide di anatomia, fisiologia e patologia, sulle quali potersi reggere. Anche considerando che per le implicazioni psicologiche che l'acufene comporta e per l'indiscusso ruolo dello stress nell'aggravare la percezione dell'acufene, il ruolo di un possibile effetto placebo non va mai dimenticato e i veri studi in doppio cieco, in tal senso sono davvero pochi. Inoltre molte terapie che organi di stampa o siti internet propagandano come la soluzione per l'acufene non sono in realtà mai state sperimentate su esseri umani o sono state diffuse anche solo basandosi sul fatto che gli animali di laboratorio mostravano comportamenti tali da far intuire, secondo i ricercatori che l'acufene sperimentalmente indotto (senza alcuna prova che l'acufene ci fosse davvero) era scomparso. Notizie riportanti che i "topi riferiscono un netto migliormaneto dell'acufene o la sua scomparsa" (cosa impossibile trattandosi di un disturbo soggettivo che a tutt'oggi nessuno è mai risucito a registrare realmente in modo obiettivo), e spesso purtroppo avvalorate da pubblicazioni scientifiche poco serie e quasi sempre finalizzate al lancio di nuove terapie, innocue ma non per questo utili, sono sufficienti a far capire la poca serietà di quel che si può leggere in giro su queso argomento specifico e purtroppo anche della scarsa affidabilità di molte pubblicazioni scientifiche ufficiali.

A tutt'oggi solo le terapie dirette a correggere l'idrope, alcune terapie con neurofarmaci (ma non tutti) e la TRT rispettano presupposti di anatomia e fisiologia tali da poter essere definite terapie, al di là di qualunque opinione personale o interesse specifico uno specialista possa avere.

Teorie in corso di studio e di valutazione circa l'origine degli acufeni e altre possibili terapie

Sono ormai disponibili nuove metodiche ed apparecchiature in grado di registrare l'attività (emissioni otoacustiche) delle cellule uditive sensoriali contenute nell'Organo del Corti, frequente sede di origine degli acufeni, e in grado di monitorare le modifiche temporali dell'attività di tali cellule anche in seguito a trattamento specifico.

Le cellule sensoriali, chiamate ciliate in quanto dotate di delicatissime ed importantissime ciglia, emettono segnali sonori che tendono ad alterarsi, attenuandosi o al contrario enfatizzandosi quando non sono più in perfetto stato di salute. La registrazione della mappa sonora emessa dalle cellule ciliate è oggi registrabile mediante sofisticate ma agevoli apparecchiature computerizzate e costituisce pertanto il metodo più diretto di misura dello stato funzionale della parte più vulnerabile dell'apparato uditivo, la coclea.

Attraverso tali tecniche, integrate con altre moderne metodiche di indagine audiologica, è oggi possibile, per esempio, tentare l'individuazione di disordini delle sinapsi uditive, cioè delle importanti stazioni di collegamento fra cellula acustica e nervo uditivo e indirizzare talvolta la diagnosi e la terapia verso il cosiddetto acufene sinaptico cocleare. Tale moderno approccio è seguìto nel programma di trattamento degli acufeni anche mediante specifico supporto farmacologico, nei casi in cui vi sia una precisa indicazione.

È in atto anche un sostanziale miglioramento delle tecniche di trattamento riabilitativo dell'acufene su base neuro-psicologica e comportamentale senza necessità di supporto farmacologico. Tali progressi operativi sono legati sia alle attuali conoscenze sul coinvolgimento del sistema nervoso centrale nei processi di mantenimento e nell'evoluzione degli acufeni anche quando l'origine del disturbo è del tutto periferica, sia all'individuazione nel sistema limbico del centro nevralgico che causa l'instaurarsi di complicanze neurovegetative, emozionali e comportamentali, loro stesse concausa di stabilizzazione o aggravamento dell'acufene.

È pertanto possibile mettere a punto e personalizzare innovativi protocolli riabilitativi rivolti a modificare attivamente la reazione del soggetto alla presenza di acufeni e a ridurre l'intensità del disturbo, aumentandone la tollerabilità anche mediante l'ausilio di dispositivi acustici quali micromiscelatori o sorgenti di suoni naturali. La TRT (Tinnitus Retraining Therapy) costituisce, se condotta da personale riabilitativo specializzato ed integrata con altre terapie riabilitative, la metodica base di tale intervento ed uno dei punti cruciali dei programmi di trattamento degli acufeni, da cui può dipendere il successo dell'intero programma di cura.

Anche sul versante prettamente medico-farmacologico alcune recenti esperienze in campo neurobiologico fanno ben sperare. Da un lato sono da sottolineare le ricerche sulle sostanze neuromodulatrici e neurotrasmettitrici, cioè su quelle sostanze chimiche essenziali per la trasmissione degli stimoli dalle cellule sensoriali alle fibre nervose o da un neurone all'altro. Tali ricerche hanno permesso recentemente di individuare con una certa precisione quali siano le sostanze coinvolte nell'attivazione della sensazione uditiva e quali siano le modificazioni a loro carico in alcune patologie uditive.

È realisticamente ipotizzabile che alcuni tipi di acufene possano essere legati ad un'alterazione di tali sostanze a livello delle sinapsi uditive e pertanto siano definibili come acufeni sinaptici cocleari (vedi quanto già sopra riportato): in tali casi un trattamento farmacologico specifico può essere preso in considerazione, anche se con la necessaria prudenza e cautela.

Oggi sono sempre più frequenti le segnalazioni scientifiche sui vistosi processi di deterioramento ossidativo e di rapido invecchiamento delle cellule uditive, proprio in quanto sede di metabolismo molto attivo e, parallelamente, sono già disponibili dati scientifici sul benefico effetto biologico di sostegno esercitato sui tessuti uditivi danneggiati o disfunzionanti da particolari sostanze antiossidanti ed anti radicali liberi. L'aspetto farmacologico viene adeguatamente preso in considerazione nei protocolli medici specialistici ma il successo è sempre condizionato dal raggiungimento dell'obiettivo riabilitativo.



 
 
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